PENSIONE DI REVERSIBILITà PER FIGLI DI COPPIE GAY: DECIDERà LA CASSAZIONE A SEZIONI UNITE

Carta e Convenzione dei diritti dell'Uomo alla mano, spetterà alle Sezioni unite decidere se le norme interne, che vietano di riconoscere la pensione di reversibilità al partner superstite che abbia convissuto prima dell'unione civile e ai figli delle coppie gay nati con la maternità surrogata, siano di dubbia costituzionalità.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza interlocutoria 22992, chiama in causa il Supremo consesso, consapevole che l'unica via per rimuovere un ostacolo al riconoscimento di un diritto fondamentale sta nella scelta collegiale di chiamare in causa la Consulta.

Sul tavolo della Cassazione è arrivato, infatti, il ricorso dell'Inps contro la decisione della Corte d'Appello di Milano di riconoscere la pensione di reversibilità al componente superstite di una coppia omosessuale.

I due uomini, legati da una stabile convivenza, avevano avuto un bambino, nato negli Stati uniti nel 2010 con la fecondazione assistita, e registrato in Italia come figlio del solo genitore biologico.

Nel 2017 è stata poi trascritta in Italia la sentenza statunitense che accertava la paternità anche del genitore di intenzione, morto nel 2015. Per il genitore sopravvissuto si è aperta la via giudiziaria per affermare il diritto alla pensione indiretta per lui e per il figlio. Il ricorrente aveva incassato un doppio no in primo grado: per lui niente reversibilità perché la convivenza c'era stata prima della legge sulle unioni civili, la cosiddetta Cirinnà 76/2016; no anche per la pensione indiretta al minore perché la maternità surrogata è vietata in Italia, per la sua contrarietà all'ordine pubblico.

Diversa la scelta della Corte d’Appello che, con una sentenza costituzionalmente orientata ha riconosciuto in favore dei componenti della coppia omosessuale “il diritto a un trattamento omogeneo a quello assicurato alla coppia coniugata”. Da qui la condanna dell'Inps a pagare anche gli arretrati, con relativi interessi. Con l'inevitabile ricorso in Cassazione dell'Istituto nazionale di previdenza.

E la Suprema corte chiede oggi alle Sezioni unite di valutare la valenza discriminatoria del no pronunciato dalla pubblica amministrazione “obbligata” a negare il diritto nel rispetto della legge. Gli ermellini sottolineano che le questioni sul tavolo sono tali da riproporsi in moltissimi casi, e riguardano l'interpretazione delle norme vigenti rispetto a temi di “capitale importanza, che toccano la disciplina intertemporale dettata dalla legge n. 76 del 2016, i corollari delle pronunce rese da questa Corte a sezioni unite sulla tutela dei figli nati da maternità surrogata - si legge nell'ordinanza - e la stessa latitudine della tutela antidiscriminatoria, nelle sue interrelazioni con l'attuazione della legge”.

Un oggetto del contendere legato a molti interessi presidiati dalla Carta costituzionale e dalle fonti internazionali - avverte la Corte - che riguarda un aspetto non ancora vagliato dalla giurisprudenza di legittimità.

Da qui la chiara esigenza di garantire una tutela di sistema e non frazionata “nel settore della previdenza pubblica che chiama in causa imperiose esigenze di certezza e di prevedibilità e impone di salvaguardare anche la sostenibilità del sistema complessivamente inteso”.

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