OBBLIGO DI POLIZZE CATASTROFALI SENZA SANZIONI EFFICACI: A RISCHIO LA MUTUALITà

L’obbligo di assicurazione dei rischi correlati alle catastrofi naturali per gli immobili delle imprese, previsto dalla legge 213/2023, si avvicina: andrà in vigore il 1° gennaio 2025 (salvo possibili proroghe) e il Dm attuativo è ormai quasi pronto. Ma restano dubbi sulla sostenibilità: l’obbligo riguarda rischi di rilevantissimo impatto pubblico e non facilmente assicurabili, quindi per garantire gli indennizzi occorre tra l’altro limitare l’evasione. Senonché la legge non ha previsto sanzioni per chi non si assicura. Una lacuna colmabile indirettamente solo nel caso delle grandi imprese.

Le catastrofi naturali comportano rischi gravi, i cui pesanti effetti distruttivi sono ulteriormente aggravati dalla loro diffusione simultanea. Ciò mal si concilia con le regole della compensazione mutualistica tra assicurati sinistrosi e assicurati virtuosi su cui si fonda la tecnica delle assicurazioni.

Così non sembra un caso se il Codice civile esprime un sostanziale disfavore sulla copertura assicurativa delle catastrofi: l’articolo 1912 dispone che «salvo patto contrario, l’assicuratore non è obbligato per i danni determinati da movimenti tellurici, da guerra, da insurrezione o da tumulti popolari». Il che vuol dire che quei fenomeni non sono normalmente assicurabili, salvo che una compagnia lo voglia comunque fare (disponendo però di adeguate garanzia di solvibilità).

Ben si spiega, dunque, perché il modello che s’intende instaurare, fondato addirittura su un obbligo a contrarre a carico delle compagnie, richiede anche la compartecipazione tra il sostegno pubblico e il mercato assicurativo privato. L’articolo 1, comma 108 della 213/2023 ha previsto l’intervento riassicurativo della Sace, autorizzata a concedere ad assicuratori e riassicuratori (a condizioni di mercato e dietro garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso) una copertura fino al 50%, entro un limite complessivo di 5 miliardi di euro per il 2024 (e variabile nel biennio successivo).

Tale intervento riassicurativo (su base proporzionale) è regolato da una convenzione con la Sace, il cui schema è allegato alla bozza del Dm attuativo. Vi sono disciplinate, tra l’altro, regole di adesione da parte delle compagnie, obblighi e diritti di riassicuratore e riassicurati, fattispecie non coperte, modalità di calcolo del premio di riassicurazione, diritti di surrogazione, di ispezione e di verifica da parte del riassicuratore nonchè la regolazione dei conti tra le parti.

Resta comunque l’esigenza di avere una platea assicurata il più possibile ampia e trasversale, per meglio mutualizzare pesi e rischi. Di qui la scelta dell’obbligo di assicurarsi, che avrebbe potuto essere generale e invece per ora riguarda solo gli immobili a uso produttivo (e forse nemmeno tutti), per quanto si senta dire che questo è solo il primo passo. Si è dunque voluto, in questa prima fase, che fosse tutelato il mondo del lavoro e della produzione, ritenendo probabilmente che il costo delle nuove coperture possa essere assorbito tra gli oneri aziendali meglio di quanto un cittadino possa fare nella propria, non sempre florida, economia familiare.

D’altro lato, si è cercato – anche nello schema di Dm attuativo – di alleggerire il peso delle coperture:

- non coprendo i danni da perdita di produttività (business interruption) o correlati a responsabilità verso terzi ed introducendo altre esclusioni o limitazioni;

- limitando l’obbligo a contrarre imposto alle (sole) compagnie che già in precedenza assicuravano quella tipologia di eventi, che dovranno accettare clienti sono fino ai limiti della capacità sottoscrittiva che ciascuna dovrà aver preventivamente stabilito, consumata la quale non sarà più tenuta ad emettere polizze;

- consentendo al le imprese di più grande dimensione e in ogni caso di valori assicurati superiori a 30 milioni di euro di negoziare liberamente la percentuale di danno indennizzabile che rimane a carico dell’assicurato (una sorta di autoritenzione del rischio, per la verità non prevista dalla legge).

Così l’obbligo a contrarre è indebolito, ma restano robuste sanzioni pecuniarie per la sua violazione o elusione.

Mancano invece sanzioni per le imprese tenute ad assicurarsi: potranno tutt’al più perdere il diritto a contributi, sovvenzioni o agevolazioni di finanziarie pubbliche, concessi non solo in occasione di eventi catastrofali (legge 213/2023, articolo 1, comma 102). Inoltre, nelle imprese più strutturate, potrebbero scattare le responsabilità delle cariche apicali nei confronti dei soci (come può essere nel caso dell’articolo 2392 del Codice civile per le società di capitali).

Ci si chiede se così ci sia de terrenza sufficiente per l’effettivo rispetto dell’obbligo. Il dubbio è che determinate realtà, in certi ambiti territoriali e in assenza di rischi di sanzione più concreta, finiscano per non assicurarsi. Il che metterebbe in discussione la base mutualistica.

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