LORENZA PIGOZZI: “L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE COME MOTORE DI TRASFORMAZIONE PER LA NOSTRA STRATEGIA DI COMUNICAZIONE”

Lorenza Pigozzi, ti sei laureata in Lingue e Letterature Straniere all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano. Dopo alcune importanti esperienze nel mondo della finanza sei diventata Direttore della comunicazione e delle relazioni istituzionali in Mediobanca. Sei presente in diversi Consigli di Amministrazione e hai docenze in Master sulla comunicazione corporate. Alla fine del 2022 sei stata nominata Executive Vice President e Direttore della Comunicazione Strategica del Gruppo Fincantieri con la guida dell’AD Pierroberto Folgiero.

Ci racconti com’è stato il passaggio dal mondo finanziario a uno dei complessi cantieristici più importanti al mondo?

«Sì, prima del mio ingresso in Fincantieri la mia carriera professionale si era interamente sviluppata nel settore finanziario. Ho iniziato presso la branch italiana di Lazard & Co, poi sono stata in Banca IMI e – per 22 anni – ho proseguito in Mediobanca, che è la banca d’affari leader in Italia. In tutto questo periodo ho vissuto la grande trasformazione del mondo finanziario globale e, soprattutto, di Mediobanca. Non posso dire che il passaggio in Fincantieri sia stato difficile, direi più che non sono mancate le complessità, ma come sempre avviene in questi casi. Vedi, da sempre ho voluto combinare esperienze diverse, il mio percorso è stato caratterizzato da questa cifra. Avevo l’obiettivo di costruire una visione integrata e strategica della comunicazione, sia in ambito finanziario che in quello industriale. Sono approdata in Fincantieri perché ero attratta da un progetto di cambiamento e di ripartenza, in un settore anch’esso in forte evoluzione a livello mondiale. Questo passaggio ha rappresentato una sfida che ha richiesto una riqualificazione delle mie competenze, e un adattamento a dinamiche del tutto nuove: dalla rapidità dei mercati finanziari a un settore produttivo che richiede pianificazione a lungo termine; dalla pressione per ottenere risultati economici immediati alla gestione delle risorse materiali e umane. Senza dimenticare la necessaria capacità di affrontare e risolvere problemi concreti, legati alla costruzione e all’ingegneria. Trasferire l’esperienza accumulata in un settore che – per decenni – è stato al centro dell’economia italiana, a una realtà industriale così complessa come Fincantieri, mi ha offerto l’opportunità di coniugare creatività e razionalità, in un contesto completamente diverso».

Eri nel mondo bancario e hai attraversato un periodo storico di crisi finanziarie senza precedenti. Ora le tensioni geopolitiche hanno certamente un impatto su un’azienda come Fincantieri. Quali sono stati i momenti più complessi che hai dovuto gestire?

«In oltre trent’anni di carriera ho vissuto momenti di estrema complessità, ciascuno con sfide uniche. Durante i miei anni in finanza ho attraversato un periodo segnato da crisi senza precedenti: dal crollo delle dot-com nel 2000, alle crisi finanziarie globali del 2008, fino a quelle dei debiti sovrani in Europa. Ognuna di queste crisi ha messo alla prova la resilienza dei mercati, la capacità di gestione del rischio e la prontezza delle istituzioni finanziarie nel rispondere a eventi imprevedibili. Non solo, nel corso di quegli anni la stessa Mediobanca ha vissuto grandi cambiamenti proprietari, strategici e di missione. Tutti passaggi delicati, che hanno richiesto tre cose su tutte: consapevolezza, coerenza ed equilibrio nella comunicazione».

Cosa ha significato per te Fincantieri?

«Ha segnato l’inizio di una nuova fase altrettanto impegnativa: il settore industriale è complesso e fortemente influenzato dalle dinamiche geopolitiche globali. Con due guerre in corso e crescenti tensioni geopolitiche che impattano direttamente sul business, le sfide sono diverse ma non meno critiche. La gestione dei progetti di comunicazione in Fincantieri richiede la capacità di mantenere una visione strategica, anche di fronte a incertezze e pressioni esterne. Ogni crisi, di qualsiasi natura essa sia, mi ha insegnato l’importanza della flessibilità, della rapidità decisionale e della resilienza, qualità che continuo a mettere in pratica nel mio attuale ruolo in Fincantieri».

Quali consideri siano le caratteristiche personali e le radici culturali, che ti hanno consentito di superare questi ostacoli nella gestione dei momenti di crisi?

«Penso che disciplina, curiosità e coraggio siano tra le qualità fondamentali per superare tutte le crisi. La formazione umanistica mi ha sempre consentito di comprendere meglio le dinamiche umane, imperfette per definizione, e per questo sempre in evoluzione. Credo che questo sia un aspetto cruciale, a volte sottovalutato, per fare squadra e promuovere una collaborazione efficace. Sono abituata a lavorare in contesti dove unire le forze è essenziale per raggiungere obiettivi comuni. E certo, credo molto nell’importanza dell’ascolto: essere aperti al dialogo è forse la prima cosa che ci permette di innovare, di trasformare le difficoltà in opportunità di crescita».

Ma a proposito di innovazioni. Come la tua esperienza ha influenzato la comunicazione strategica in Fincantieri e come vi state preparando – ad esempio – all’irruzione dell’intelligenza artificiale?

«Credo di portare con me una visione integrata e strategica della comunicazione, basata sulla necessità di anticipare i cambiamenti, di scorgere sempre nuovi orizzonti, di esplorare mondi nuovi e di avere un team coeso, per affrontare meglio le sfide. Una di queste è certamente quella dell’intelligenza artificiale, che definirei una rivoluzione già in atto, e che certamente ci ha trovati pronti. L’intelligenza artificiale, tra le altre cose, è un elemento centrale nella nostra strategia di comunicazione, non solo come strumento operativo, ma proprio come motore di trasformazione. La utilizziamo per migliorare l’efficacia, l’accuratezza e la coerenza dei nostri messaggi. Pensa che abbiamo integrato l’AI anche nei processi di creazione e distribuzione dei contenuti. Questi strumenti, adottati in maniera responsabile, con una combinazione tra creatività umana e tecnica, non solo aumentano la nostra capacità di rispondere rapidamente alle esigenze, ma liberano il potenziale umano, migliorando l’efficienza e consolidando la nostra posizione di pionieri dell’innovazione».

In settori così delicati, come si trova il giusto equilibrio tra esposizione e brand reputation?

«Per bilanciare visibilità e reputazione c’è la necessità di costruire una comunicazione integrata, trasparente e coerente. Serve a minimizzare i rischi reputazionali e garantire la presenza nei momenti cruciali, soprattutto in situazioni di crisi. In Fincantieri la comunicazione integrata si traduce in progetti strategici, che sono perfettamente allineati con il piano industriale dell’azienda, dove ogni messaggio è parte di una narrazione coerente e unitaria. Usiamo canali diversi per raccontare la nostra storia, però la voce è unica e viene dopo un ascolto attento del contesto. Questo ci permette di attrarre talenti, investitori e clienti, salvaguardando allo stesso tempo la reputazione dell’azienda. È una ricetta che genera l’equilibrio perfetto, in cui ogni elemento contribuisce – in modo essenziale – al successo complessivo».

Le due principali transizioni in atto, quella energetica e quella digitale, quali effetti hanno su Fincantieri e quali sono gli impegni nella realizzazione dei criteri Esg?

«Le transizioni energetica e quella digitale rappresentano i pilastri fondamentali della nostra strategia in Fincantieri. La nostra ambizione è quella di guidare l’innovazione cantierabile, e lo dimostra lo sviluppo della prima nave da crociera alimentata a idrogeno, un passo decisivo verso la decarbonizzazione e l’efficienza energetica. Non si tratta solo di un progetto, ma è a tutti gli effetti un simbolo tangibile del nostro impegno per un futuro sostenibile. Sul fronte digitale, l’integrazione dell’intelligenza artificiale – come ho detto – sta trasformando il nostro modo di operare, migliorando l’efficienza dei processi e liberando risorse per affrontare nuove sfide tecnologiche. Per quel che riguarda il nostro impegno invece verso i criteri Esg, beh, questo è intrinseco in ogni fase della nostra attività: dalla progettazione alla produzione. Per noi, la “S” di Esg non è soltanto il richiamo alla sostenibilità, ma è sinonimo di salvaguardia, per valorizzare il nostro ruolo cruciale nella sicurezza delle persone, dei mari, dei confini e delle infrastrutture critiche. Questo approccio integrato garantisce che Fincantieri non sia solo un leader tecnologico, ma anche un esempio di responsabilità sociale e ambientale. Abbiamo l’obiettivo di costruire un futuro industriale che sia proiettato al progresso e alla difesa delle generazioni future».

Percepisci ancora l’esistenza di “tetti di cristallo” a ostacolare i percorsi di donne che lavorano ad alti livelli manageriali?

«È un dato. In Italia le imprese guidate da donne rappresentano poco più del 20% e siamo ancora lontani dalla media europea del 32%. Però questo non deve scoraggiarci. La leadership femminile non deve essere un’eccezione, anzi credo che continuare a parlare di “tetti di cristallo” possa rischiare di ingabbiarci negli stereotipi di genere. I segni di un cambiamento positivo, con un numero crescente di donne che accedono meritatamente a ruoli di leadership, sono il frutto di un lavoro culturale condiviso, realizzato grazie alla collaborazione tra uomini e donne, che profondono il loro impegno per abbattere le barriere. Questo cambiamento, per quanto possa sembrare un concetto semplice, è fondamentale non solo nel mondo del lavoro, ma anche in ambiti come quello familiare, a scuola, nelle istituzioni. Insomma, nella vita quotidiana, dove anche nei media persistono ancora logiche che sono altrove superate. Si tratta purtroppo di ostacoli al progresso. In Fincantieri, stiamo invece realizzando risultati concreti con iniziative di Diversity, Equity & Inclusion volti a promuovere una condizione paritaria e una cultura del rispetto nel mondo del lavoro».

Sei l’unica italiana inserita per la sesta volta consecutiva nella classifica internazionale PRovoke’s Influence 100. Cosa ha significato per te questo riconoscimento?

«È un onore e un riconoscimento che va oltre il semplice risultato professionale. È il risultato di un percorso in cui ogni sfida e ogni collaborazione hanno contribuito a plasmare le mie competenze e la mia visione. Essere parte di un contesto internazionale di professioniste e professionisti mi onora profondamente, e mi ricorda che questo successo è frutto di un insieme di esperienze e persone che mi hanno insegnato e sostenuto lungo il cammino».

Pensi che nel panorama aziendale italiano si sia arrivati a una consapevolezza matura sull’importanza della comunicazione corporate?

«Sulla base della mia esperienza, degli studi e di analisi condotte da importanti istituti di ricerca, è evidente che la comunicazione corporate – anche nelle aziende italiane – stia attraversando una fase di trasformazione significativa. La comunicazione strategica, a differenza di quella tattica, non si limita a gestire situazioni immediate o eventi specifici; si radica nella strategia complessiva dell’azienda, integrandosi con i valori e le direttive del management, e rispondendo a un contesto in continuo cambiamento. Questa forma di comunicazione deve essere considerata un elemento essenziale della governance aziendale, non può essere relegata a una funzione accessoria. Per le società quotate ancor di più il ruolo della comunicazione deve essere centrale nel riflettere e sostenere le strategie del management, influenzare positivamente la percezione del mercato e garantire coerenza tra le azioni e la narrativa aziendale. I manager illuminati, che comprendono e applicano questo concetto, possono trarne vantaggio anche in termini di performance: un approccio strategico alla comunicazione migliora la reputazione e la fiducia nel brand, contribuisce direttamente al successo e alla competitività dell’azienda, e sostiene in modo significativo gli obiettivi aziendali a lungo termine».

Domanda di rito: quali sono stati i tuoi maestri? Non necessariamente quelli accademici.

«Sai come si dice? “I maestri ti aprono la porta, ma devi entrarci da solo.” Nel corso della mia carriera, ho trovato ispirazione in tutte le persone che hanno lasciato un’impronta, anche difficile, nel mio cammino. Non solo in esperienze positive, ma anche da quelle negative. Da giovane soprattutto, i mentori che mi hanno guidato con la loro esperienza e la loro saggezza sono stati fondamentali. Alcuni di loro li continuo a consultare, gli pongo domande che richiedono memoria e conoscenza della storia, elementi essenziali per affrontare il futuro. Senza memoria, non abbiamo storia, e senza storia, dove sta l’insegnamento? Allo stesso tempo trovo una grande fonte di apprendimento anche nei giovani professionisti, che considero la linfa vitale della creatività e dell’innovazione. Mi ritengo fortunata per aver incontrato persone straordinarie, a scuola e in azienda, e anche per caso, lungo il percorso. Nella mia ricerca di “give back”, di restituzione, spero di avere dato, e di poter dare sempre, l’insegnamento e l’esempio che aiutino le generazioni future a diventare il “noi” del domani».

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